È evidente la trascuratezza del Sindaco sul tema visto che ha ritenuto di non indicare un Assessore dedicato alle Politiche Sociali dopo le dimissioni dall’assessore Fassio che risalgono ormai all’estate 2020. Non sappiamo come viene vissuto ed interpretato il PSN, il PNRR, nulla viene detto dal Sindaco che è il referente politico non avendo nominato un Assessore dedicato ed avendo frantumato le politiche sociali in deleghe diverse, dall’immigrazione alla famiglia, senza un filo conduttore che evidenzi il pensiero su cui si fondano le scelte. Da politici dobbiamo avere coraggio di tornare a realizzare percorsi che pongano al centro il bene delle persone e dei più deboli perché le politiche sociali sono il punto da cui ripartire per una città europea e capace di tornare a crescere.
L’analisi dei bisogni del territorio è fondamentale ma i dati oggi disponibili risalgono al 2017.
L’esperienza dalla pandemia ha dimostrato a tutti quanto siano essenziali i servizi sul territorio e ritengo ci siano priorità da cui ripartire.
La premessa non banale è la denominazione dell’Assessorato poiché non si tratta di una semplice e banale questione di titoli, ma la denominazione racchiude la visione.
Il Piano Sociale Nazionale richiama in maniera esplicita all’integrazione con gli altri Settori per andare a determinare il Sistema dei Servizi Sociali:
La sanità
Il lavoro
L’istruzione
La Giustizia
L’abitare
che devono essere tutti ugualmente praticati, per la completa realizzazione del Sistema.
Un Assessorato può avere un numero ragionevole di deleghe gestibili, non tutte quindi, e ritengo che la delega relativa al Sistema dei Servizi Sociali debba contenere il mandato a lavorare sull’integrazione con gli altri Settori dell’amministrazione con un ruolo da capofila.
Una attenzione particolare la meritano le politiche dell’abitare che non sono solo le politiche della casa ossia la gestione degli immobili, l’assegnazione di un alloggio ma di una visione più ampia del diritto all’abitare declinato nei termini della relazione che le persone stabiliscono e mantengono stando in un luogo. È l’empowerment territoriale, quello dell’azione collettiva che vuole migliorare la qualità della vita della comunità a cui si appartiene migliorando in questo modo anche la qualità della propria vita. Su questo tema esiste della letteratura, ma ad esempio nella ricostruzione della diga – a partire dalla demolizione – di questo non ho sentito parlare nell’aula consiliare dove le scelte urbanistiche e quelle per e con le persone viaggiano su binari distanti.
Peraltro ritengo che la co-progettazione con il Terzo Settore, si esprima al meglio nella progettazione relativa allo sviluppo di Comunità.
Quindi la scelta di un Assessorato che si occupi del Sistema dei servizi sociali e delle politiche dell’abitare è comunque da perseguire con determinazione.
É necessario d avviare a subito relazioni con gli altri livelli che ci interessano, sia nazionali, sia regionali, sia locali e tale relazione deve avvenire congiuntamente su un piano politico e tecnico. A volte questo è proprio necessario, come nell’esempio di Rossetti sull’integrazione tra politiche sociali e lavoro per il RdC, dove la Regione è il comune denominatore tra soggetti che alla fine per far funzionare le cose si affidano al buon senso, alle conoscenze del singolo operatore. senza linee guida.
Capitolo a parte meritano gli operatori dei servizi sociali che penso siano affaticati oltre che dal lavoro, da questo contesto politico trascurante .
Quindi è urgente riprendere le fila per orientare, per far conoscere quali sono le linee politiche a cui si vuole lavorare, per confrontarsi su quanto si propone, per conoscere idee, lavori chiusi nel cassetto, per rivalorizzare le competenze esistenti e prepararci insieme all’introduzione dei cambiamenti importanti, ad elevato impatto, che il PSN indica, quali il tema dei diritti esigibili, il tema delle misure universalistiche che dalla frammentazione vanno riportate ad unitarietà, anche attraverso nuovi modelli organizzativi capaci di accompagnare il cambiamento.
Il Comune di Genova, quando ha avviato i distretti sociali ha visto una fase, durata anni, di accompagnamento alle trasformazioni organizzative ed è stato un modello d’intervento sull’organizzazione che ha dato i suoi frutti.
É fondamentale creare l’Osservatorio sui bisogni a livello territoriale per poter programmare adeguatamente, tenendo conto che il livello territoriale si è anch’esso trasformato: abbiamo gli ATS, i Distretti Sociali, il Comune di Genova, l’Area Metropolitana. I vari livelli devono trovare una loro armonizzazione, livelli omogenei di servizio per i cittadini, sostenibili organizzativamente, con equilibrio (pensare globalmente agire localmente): un esempio per tutti i Punti Unici di Accesso presenti nel PNRR, nel PSN e nella bozza di PSIR, sono riferiti, per la realtà genovese, all’Area Metropolitana.
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